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C’è del Rock in città: gli Hooks e il sogno a portata di palco

Intervista ai quattro giovanissimi e scatenati rappresentanti del rock indipendente di Bovisio Masciago.

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Bovisiomasciagonews ha incontrato gli Hooks, nel pomeriggio di sabato 6 luglio, il giorno prima dell’esibizione al Brianza Rock Festival. Sono quattro ragazzi che risiedono in città, Meo Itria (Amedeo per l’anagrafe) di 17 anni, chitarra e voce, all’occorrenza si misura anche con altri strumenti; Federico Lecchini di 16 anni, batterista; Nicolò Posenato, 18 anni, suona la chitarra e canta qualche canzone e Alessandro Pogliani, 16 anni, bassista e in occasioni particolari anche chitarrista. Si conoscono da circa tre anni e mezzo, nel dicembre del 2010 hanno fondato il gruppo.

Alla musica dedicano tutto il tempo possibile, sul palco danno il meglio di loro, giù dal palco potrebbero apparire a prima vista dei ragazzi timidi, ma basta sfiorare un argomento musicale e gli animi si spalancano, tanto che poi è difficile farli stare zitti. Come un fiume in piena ti travolgono con i loro progetti, le idee, le esperienze, i gusti musicali. Sono tante le cose che hanno da dire, esondano, si concludono le frasi a vicenda, si prendono in giro e a volte citano Pirandello nel parlare dei loro testi e della percezione della realtà.

Hanno una grande passione per la musica, sono tenaci, anticonformisti e perseveranti ma sopra ogni altra cosa lavorano tanto per realizzare il loro sogno anziché avvilirsi nell’attesa che si avveri da solo. L’entusiasmo che trasmettono insegna che i desideri sono irraggiungibili solo quando ci si siede ad aspettare che sia qualcun altro ad esaudirli per noi, che i sogni restano tali se ci si limita ad osservarli mentre ammuffiscono in un cassetto e che, al contrario della biancheria, si logorano quando non vengono utilizzati.

Può non sembrare, ma realizzare un sogno è un atto di estremo coraggio e di fiducia, come quello di salire su un palco a suonare le proprie canzoni. Il coraggio di mettersi in gioco, di sfidare le avversità, di offrirsi al pubblico. La fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità, la mente aperta per imparare a crescere grazie ai consensi ma soprattutto attraverso le difficoltà, che sono sempre troppo facili da trovare.
Qual è questa visione onirica? Suonare. Suonare ancora e trasmettere tutta la loro forza in uno scambio energetico con il pubblico. Solo nell’ultimo mese durante il loro Gabbia-no Summer Tour si sono esibiti almeno otto volte. Festa dell’Unità di Cesano Maderno, “Skull Party” del Foa Boccaccio (Monza), Agorà di Cusano Milanino, al “Seattle Night” Rock’n’Roll di Meda, Lato B di Milano, al festival “Musica per Carlo” per il Rock in Desio. Il 7 luglio sarà la volta del Brianza Rock Festival presso il Velodromo di Cesano Maderno e infine il 13 luglio chiuderanno con il Keller Rock Pub, di Aprica.
Bisogna spingersi al massimo e raggiungere la loro velocità per stargli dietro, ma una cosa è certa: le idee le hanno già molto chiare.

Questo interesse per la musica, questa passione personalmente quando è nata, avete fatto dei corsi?

Meo: “Io suono la chitarra dalla seconda elementare, mi piaceva e da lì in poi varie esperienze, scuole di musica,  cambi di chitarra e cambi di corso. Ho fatto i primi cinque anni della mia esperienza con la classica e l’acustica con i Bonfanti che insegnavano a Bovisio, poi ho iniziato con l’elettrica,  per un anno e mezzo, a Palazzolo all’Accademia di Musica Heitor Villa Lobos, solo che non rispecchiava la mia personalità, quindi mi sono spostato all’MFA (Music Factory Academy, scuola di musica di Bovisio Masciago). Da un paio di anni. Canto e chitarra.

Federico: “A me la musica è sempre piaciuta. Fin da bambino guardavo quei programmi televisivi stile Top of the Pop’s, vedevo la gente che suonava e volevo farlo anche io, dopo un po’ è arrivata l’occasione e l’età di prendere lezioni. Mi è sempre piaciuta la batteria, ho iniziato da solo e poi per migliorare ho studiato. Anche io studio all’MFA da due anni”.

Nicolò: “Anche a me la musica è sempre piaciuta, però diciamo che ho iniziato a suonare la chitarra per sbaglio. In realtà io non la volevo suonare, mio papà spingeva perché la suonassi perché probabilmente era affascinato dall’idea. Allora una volta ho detto, va bene comincio a suonare la chitarra, con il cellulare di mia mamma ho scritto un messaggio a mio padre: “Prendi la chitarra”. Così, secco, dal nulla. Lui l’ha portata a casa e mia mamma è rimasta scioccata perché non ne sapeva nulla. Insomma ho fatto un casino e poi ho cominciato, è da sei anni che suono. Adesso sono contenti, è stato uno sbaglio giusto. In questo momento non sto studiando, però ha avuto Marco Ferradini come Maestro”.

Alessandro: “Io ho sempre ascoltato un sacco di musica, grazie ai miei genitori a cui piace molto, a mio fratello che ha suonato per un po’ e mio cugino che suona la chitarra. Ho scelto il basso per distinguermi, lo suono da sei anni. Da un pochino  suono anche la chitarra, ho iniziato per suonare in giro con gli amici, e ora me la cavicchio abbastanza con la classica e l’acustica. Studio alla MFA di Bovisio, ho finito il primo anno e prima avevo già fatto 3 anni all’Accademia Musicale Marziali di Seveso. L’MFA è perfetta come scuola di musica, tutti i maestri sono dei grandi, il mio è favoloso."

Dove suonate di solito? Dove vi trovate? A parte i tetti di Bovisio Masciago (sulla loro pagina Facebook è possibile vederli in un video dove eseguono alcune cover sul tetto di una abitazione).

Meo: “A parte i tetti, a casa mia. C’è una stanzina piccolina che va bene, non si può tirare al massimo l’amplificatore,  anche perché l’ausilio del microfono non l’abbiamo, facciamo suonare la batteria molto piano, mettiamo le chitarre acustiche e usiamo quella, però andiamo anche in sala prove dove c’è tutta la strumentazione. L’idea di suonare sul tetto della saletta dove proviamo è stata estemporanea, un impulso del momento. Io da piccolo ci salivo a giocare. Siamo saliti e abbiamo fatto il video, abbiamo visto che c’erano i bambini che si affacciavano, le nonne, i genitori. –Qualcuno ha cercato di colpirvi e abbattervi con una fionda?- No, stranamente no”.

Per quanto riguarda i testi, le vostre canzoni, chi li scrive? Chi scrive la musica? Fate tutto insieme?

Nicolò: “Adesso scriviamo tutti insieme, prima invece era più una cosa a tappe e singole fasi unite in seguito. Qualcuno portava un riff (Il riff è una frase musicale che si ripete frequentemente all'interno di una composizione), un testo, oppure un giro e poi ognuno aggiungeva la propria parte. “Storie di altra gente” il nostro primo EP (Extended Play) è stato scritto un po’ da me e un po’ anche dall’Amedeo, ora è un fenomeno collettivo”.

Meo: “Perché dall’Amedeo? Anche mia nonna mi chiama Meo! Comunque per “Storie di altra gente” Nicolò ha lavorato molto sui testi e noi più sulla musica, in modo spontaneo, ognuno si cura un po’ la sua parte e poi ci lavoriamo insieme. I riff di Federico sono molto particolari, belli. Alla fine è tutto frutto del lavoro e delle prove”.

Alessandro: “L’unica che abbiamo fatto tutti insieme da zero è "Scelte". Tra l’altro quando siamo arrivati a registrare avevamo il testo con gli accordi scritti sopra per non sbagliare. È stata la prima volta in assoluto in uno studio di registrazione”.

Cominciano a raccontare i particolari di una nuova canzone “Ossitocina”, di chi voleva cambiare qualcosa e chi no e mi tocca interromperli perché come dicevo, quando partono è inutile sperare che si fermino da soli, così li dirotto sull’album. Parliamo di “Storie di altra gente” come è nato, il titolo, le canzoni.

Meo: “Vogliamo raccontare di persone e di storie che caratterizzano la realtà di questi giorni. Magari sono un po’ più enfatizzate rispetto alla realtà, tipo “Osvaldo e Francesca”, ma che comunque rispecchia la storia di due persone che con i loro  problemi provano ad andare avanti oggi. “Arrivare a domani” non parla invece di gente ma di come si vive in generale. Il testo è di Nicolò, racconta della situazione sociale attuale per nulla idilliaca”.

Nicolò: “Rendersi conto di quello che si sta vivendo, una presa di coscienza, perché molte volte viviamo e ci lasciamo passare addosso molte cose che invece sono importanti, cose di cui al contrario dovremmo accorgerci. Secondo me questo è uno dei problemi della società e della sua progressiva rovina”.

Meo: “Si deve prendere coscienza di quello che succede. In “Scelte” canzone che parla di una ragazza, Rosaria e della necessità di prendere delle decisioni, si ritorna dalla situazione oggettiva al punto di vista soggettivo. Oggi noi siamo abbastanza consoni a  seguire quello che va di moda, dimenticandoci di pensare a ciò che è giusto per noi, a quello che può renderci felici solo per seguire la massa. Ci si dimentica di pensare”.

Federico: “Rosaria non rappresenta solo una persona ma tutte le persone che vivono lasciandosi influenzare, che non hanno ambizioni proprie. Non avere un pensiero”.

Meo: “Come diceva Pirandello in “Uno, Nessuno e Centomila”: la realtà dell’oggetto è legata al soggetto che lo osserva”.

-Citazione decisamente azzeccata. Nell’introduzione di Giovanni Croci a"Uno, nessuno e centomila" di Luigi Pirandello, edizione Oscar Mondadori leggiamo: “Ci sono tanti Moscarda (il protagonista) quanti sono quelli che lo vedono, quante sono le possibilità di conoscere, le relazioni, i casi e le circostanze, i momenti psicologici, le realtà mentali di ciascuno. […]la consapevolezza della parzialità dei giudizi del singolo è la via per superare la chiusura della soggettività”. Chiusura che può dipendere da un problema di incomunicabilità (vedi Osvaldo e Francesca) e la soluzione “nell’acquisire la consapevolezza che niente è fermo e definitivo nell’essere come nel conoscere, perché l’uomo si costruisce con le sue azioni”(ne è l’esempio Scelte).-

Voi suonate tanto, vero? Cosa vi è piaciuto di più?

Alessandro: “Sì abbiamo suonato parecchio, siamo insieme dal 2010, sono circa una trentina i live in totale. Abbiamo suonato in tutte le occasioni che abbiamo avuto. Le abbiamo colte subito, abbiamo suonato in tutti i tipi di posti”.

Meo: “Al Foa Boccaccio c’è stato uno dei pubblici migliori, il pubblico più bello, più attivo l’abbiamo trovato lì”.

Federico: “Dovunque tu sia ti fa piacere sentire un pubblico che ti apprezza e si diverte”.

Nicolò: “A noi piace tanto fare le esibizioni in acustico per questo, perché c’è un contatto con il pubblico diverso”.

Alessandro: “Sei a un metro di distanza, non ci sono palchi a dividere e le sensazioni sono molto intense”.

Progetti per il futuro al di là delle esibizioni?

Meo: “Beh diciamo che le esibizioni sono lo scopo, infatti cogliamo tutte le occasioni possibili, ci buttiamo a pesce. E per farlo ce la mettiamo tutta, ci andiamo anche con i mezzi, trascinandoci le valige degli strumenti per le strade e sui treni”.

Alessandro: “Facendo finta di arrivare in macchina nei locali, dicendoci “adesso andate tranquilli”, per non far vedere che eravamo sudati”.

Meo: “Il progetto è di scrivere ancora, lavorare sulle canzoni che abbiamo in mente e trovare idee per nuove canzoni. Ne abbiamo già quattro o cinque pronte di cui una già registrata in maniera positiva”.

Alessandro: “Vogliamo arrivare a un altro cd, magari provare a registrare con un altro metodo. “Storie di altra gente” era in presa diretta, musica e voce insieme, mentre questo lo vorremmo registrare a tracce separate, aggiungendo la batteria in seguito”.

Voi durante le esibizioni… “Suoniamo…” Grazie, intendevo, proponete sia cover che testi vostri inediti?

Alessandro: “Nelle ultime stiamo facendo quasi solo pezzi nostri”.

Federico: “Abbiamo suonato una o massimo due cover in questi ultimi concerti”.

Nicolò: “Come finale abbiamo “Abituarsi alla fine” dei Ministri, per le altre è dura mettersi d’accordo. Ce n’è una che riproponiamo quasi ogni volta perché ci piace molto, è “Boys don’t cry” dei Cure”.

Meo: “Siamo partiti per fare esperienza con le cover. Quelle che eseguiamo ora sono poche ma buone. Soprattutto per l’ambizione e l’entusiasmo di fare qualcosa di nostro. Poi magari ogni due o tre mesi cambiamo il repertorio”.

Alessandro: “Anche perché quando suoni nei locali la gente che ti viene ad ascoltare è bene o male sempre la stessa, soprattutto in zona, se ripeti sempre lo stesso repertorio poi si stufa e anche per noi dopo un po’ è pesante. Oppure ad esempio in piazza, a Bovisio, alla manifestazione Gioia e Colore, quest’anno abbiamo coinvolto anche un’altra band di nostri amici e abbiamo suonato un’ora e mezza circa, l’anno scorso che era la prima volta ci siamo esibiti per tutto il pomeriggio pieno”.

Meo: "Avevamo una scaletta principalmente di cover, anche perchè erano circa 33 canzoni..."

Nicolò: "E di nostre ne avevamo pronte solo quattro!"

Voi vi siete autoprodotti per realizzare l’album. Volete continuare su questa linea?

Alessandro: “Trovare un produttore che abbia la nostra stessa idea e più capacità di noi, qualcuno con più esperienza da cui poter imparare qualcosa, che ci indichi una strada sarebbe l’ideale, per ora ci auto produciamo”.

Meo: “Anzi che stare ad aspettare che arrivi chissà cosa, ci diamo da fare”.

Da quali gruppi traete ispirazione, quali vi piacciono, cosa ascoltate?

Meo: “Per la parte testuale, sono più ispirato a De Andrè. Ammiro la sua vena ironica ma al tempo stesso seriosa (Stefano aggiunge: invettiva). Per la musica seguo la scena indipendente, mi piacciono Bob Dylan, i Nirvana, Yngwie Malmsteen (da oltre vent’anni nella classifica dei migliori chitarristi al mondo), ma sono molto lontano da quel livello. Mi piacciono le cose un po’ più tecniche, per eseguirle però ci vuole ancora del tempo”.

Federico: “Per la musica ho due gruppi ispiratori, i Queen ed Elio e le storie tese, da loro prendo ispirazione sempre”.

Nicolò: “A me piace tanto tutto il cantautorato italiano e straniero, poi anche i gruppi di adesso, la scena Indie italiana, I Ministri, Zen Circus, Tre Allegri Ragazzi Morti, che accostano la vena cantautoriale con qualcosa di più incazzato. Un gruppo davvero bravo che mi piace e che ascolto spesso sono gli Io?drama, penso sia il mio gruppo preferito”.

Alessandro: “La musica che mi piace di più è la musica British degli ultimi anni, tipo gli Artic Monkeys, tutto quello che hanno fatto i fratelli Gallagher e la musica grunge americana, i Pearl Jam, i Nirvana. In generale ascolto un po’ di tutto dagli anni ’50 in poi. Il mio gruppo preferito sono gli Artic Monkeys. Anche Bruce Springsteen mi piace”.

Avete vinto il contest “Musica per Carlo” e suonato alla villa Tittoni, parlatemene.

Meo: “È stato un concorso serio. Il primo concorso vinto! Quando hanno proclamato i vincitori…”

Nicolò: “Non ce lo aspettavamo. In realtà noi pensavamo che fosse finita alle preselezioni dell’Honky, che il premio fosse l’esibizione e bona lì, invece c’è stata proprio una premiazione…”

Avete iniziato da piccoli a suonare e il gruppo si è formato che avevate quattordici anni. Difficoltà?

Alessandro: “Suonare in un contest in settimana, perché il pubblico o il seguito che possiamo avere sono tutti ragazzi della nostra età che magari al giovedì non si possono muovere o comunque fanno fatica a spostarsi lontano. Facciamo noi i salti mortali per spostarci e andare a suonare, figurati poverini quelli che devono venire a sentirci. Abbiamo girato in autobus, treno, una volta in autostop per registrare. Eravamo fuori dalla stazione degli autobus a Monza, guardiamo la cartina, che qualcuno aveva letto male, e abbiamo visto che avremmo dovuto fare due chilometri a piedi, in un’ora ce l’avremmo fatta peccato che poi abbiamo scoperto che un pezzo era in autostrada. A piedi e con tutte le nostre cose. Ad un certo punto si è fermata una signora gentilissima, Monica”.

Meo: “Noi la ringraziamo e la salutiamo sempre. Monica ci ha salvato”.

I vostri genitori vi hanno supportato?

Alessandro: “Sì, tanto. La cosa più bella è che ci seguono nella nostra passione, però da lontano, dalla giusta distanza, non si intromettono mai. I nostri ci supportano, fanno i salti mortali per permetterci di suonare e vengono a sentirci quando possono”.

Ditemi ancora qualcosa sulla vostra musica. - Ridacchiano. Capisco immediatamente che potrei essermi giocata le prossime due ore, ma ne vale la pena e poi con loro non ci si annoia. Infine decidono di essere "buoni" e di salutarci con delle brevi note sulla registrazione di "Storie di altra gente".-

Nicolò: “Abbiamo fatto dei cd, circa 75 copie o forse qualcuna in più, le abbiamo vendute tutte. Costava quattro euro”.
Federico: “Un euro a canzone”.
Meo: “Non era per il guadagno materiale ma per la soddisfazione di aver prodotto qualcosa di nostro”.
Nicolò: “E poi si possono scaricare le canzoni gratis dal sito, non ce lo aspettavamo ma le hanno visualizzate più di mille trecento persone, più o meno 80 download”.

Gli Hooks scrivono testi impegnati su un Rock alternativo e indipendente, trasmettono la rabbia nei confronti del conformismo diffuso, pensano con la loro testa, privi di condizionamenti, sintomo di una solida e buona educazione. Hanno tanta voglia di rinnovarsi per non restare attaccati ad uno stereotipo, per mantenere viva l’energia. Nel loro raccontarsi si evince una certezza: la necessità dell’azione, del pensiero, del rinnovo. Non fermarsi mai. Nemmeno sotto la pioggia.

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