Legambiente sulla Tares: la tassa è da cambiare

Mille domande sul tributo e la proposta dell’associazione: una petizione per premiare chi limita l’inquinamento

Alessia Piperi
18/07/2013
Attualità
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Quali sono gli interrogativi, o meglio i tarli che proprio non vogliono smettere di rosicchiare la nostra mente quando si prende in considerazione la nuova tassa sui rifiuti?

Quello che sappiamo della Tares.
La Tares è un tributo riguardante la gestione dei rifiuti, è stata introdotta dal Decreto Legge 6 dicembre 2011 n. 206 e successivamente è stata convertita con Legge 22 dicembre 2011 n. 214, in sostituzione della TIA (Tariffa di igiene ambientale) e della TARSU (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani). Questo nuovo tributo, in vigore dal 1º gennaio 2013, consiste in un'imposta basata sulla superficie dell'immobile di riferimento, il numero dei residenti, l'uso, la produzione media dei rifiuti e come obiettivo ha la copertura economica per intero del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti del Comune. La tassa interessa chiunque possieda o detenga locali suscettibili di produrre rifiuti, ma peserà in modo particolare sulle famiglie numerose e sulle imprese. Per le utenze domestiche è calcolata incrociando i metri quadri dell'abitazione con il numero dei componenti il nucleo familiare, mentre per quelle non domestiche vale soltanto la superficie calpestabile.

In aggiunta, la Tares comprende due nuovi parametri che ne aggravano il peso sulle tasche dei contribuenti. Prima di tutto dovrà coprire il 100% del costo del servizio sostenuto dai Comuni, che oggi si ferma in media al 79% con picchi massimi che toccano il 91% e poi dovrà finanziare anche i “servizi indivisibili” forniti dall’ente locale come l’illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade, la polizia locale e le aree verdi.
Le risorse necessarie per coprire tali spese proverranno da un aumento di 0,30/0,40 euro al metro quadro. In sostanza, il corrispettivo per i servizi indivisibili porterà un incremento stimato di circa il 14% per una famiglia di tre componenti, ma in caso d’adozione dell’aliquota massima può arrivare anche al 19%.

Tutto questo è abbastanza chiaro, è una definizione che si trova molto facilmente cercando sul Web.

Parliamo della situazione della nostra città.
Bovisio Masciago si trova fra quei Comuni che non vedranno una maggiorazione, lo leggiamo sul sito del Comune, come su infonodo.org e su altri quotidiani, sì anche su Bovisiomasciagonews (leggi l’articolo), perché: “In sostanza, l’Amministrazione comunale ha individuato con tagli e miglioramenti nella gestione del servizio, i 300 mila euro che lo Stato richiede a Bovisio Masciago, 30 centesimi in più a metro quadro per ogni famiglia. Circa 70 mila euro — afferma Roberto Mantese, assessore alla Tutela del Territorio — verranno recuperati dal servizio di pulizia del territorio, riportato alle condizioni di tre anni fa. Altri 21 mila euro derivano dall’internalizzazione di servizi. Abbiamo reperito 47 mila euro da contributi precedentemente versati dallo Stato ai Comuni per il servizio di igiene ambientale svolto a favore delle scuole, mentre 27 mila euro derivano dal rimborso che otteniamo per la piattaforma ecologica. Il grosso, 150 mila euro, deriva invece da nuove aree che saranno conteggiate ai fini della tassa, non per scelta nostra ma in base alla nuova normativa statale.”

Detto ciò, restano comunque molti interrogativi, perché da qualche parte i soldi dovranno pure essere tirati fuori: insomma chi sgancerà la grana? Ed è possibile conoscere quali saranno le nuove aree citate da Mantese per soddisfare la maggiorazione richiesta dallo Stato? Al momento non ci sono indicazioni chiare in merito, nessuna specifica e sui social network si scatenano le perplessità, così come le preoccupazioni. Dato che il Comune utilizzerà questi non specificati fondi comunali per non far pagare l’aumento statale ai cittadini, è possibile che ciò vada a ripercuotersi su altri enti o altri servizi sempre a discapito dei cittadini? E quali Enti? Quali Servizi? Le risposte a oggi non sono reperibili, si auspica che lo diventino in un futuro prossimo.

Allargando poi lo sguardo su tutta la penisola ci si accorge che le domande non finiscono qui.
Sappiamo che la Tares è simile alla Tia e non alla Tarsu, ed essendo una tassa non è soggetta ad IVA poiché su un'imposta non se ne applica un'altra.
E la voce tassa provinciale sulla bolletta?
Come dicevamo, la tariffa sui rifiuti è assoggettata ad IVA mentre il tributo non lo è. Però il gestore del servizio emette la fattura gravata di IVA al Comune e, considerato che per legge i Comuni devono ripartire il 100% del costo del servizio rifiuti sui cittadini, nel tributo è chiaramente compreso anche il costo dell’ Iva al 10%. La differenza è che l’addizionale provinciale nella misura di circa il 5% per il 2012 è applicata sull’imponibile, mentre nel 2013 sul tributo e se per le utenze domestiche la scomparsa dell'Iva dalla bolletta non produrrà cambiamenti, per quelle non domestiche non sarà più possibile scaricare l'Iva pagata.
A questo punto sarebbe forse apparso più logico esentare dall’imposta il servizio rifiuti oppure anche permettere ai Comuni di scaricare l’Iva.

Quindi i Comuni sottoposti a Tia che passeranno a Tares avranno minori variazioni ed aumenti dei Comuni che finora avevano mantenuto la Tarsu e dovranno adeguarsi al nuovo tributo. In particolare potrebbe apparire discutibile anche il fatto di aver addizionato alla tassa sui rifiuti una maggiorazione riguardante i servizi indivisibili che con i rifiuti non hanno nulla a che vedere. Maggiorazione che sarà l’aumento più rilevante del tributo.
Inoltre la legge consente ai Comuni, per il 2013, di far gestire la Tares alle Aziende di gestione a patto che le entrate vadano ai Comuni stessi che devono iscriverle nei loro bilanci. A fronte di queste entrate, le Amministrazioni potranno eventualmente riscontrare dei vantaggi per quanto riguarda le uscite dovute agli investimenti nel rispetto del “Patto di Stabilità” (lo strumento governativo per contenere e regolare l’indebitamento pubblico), ma dovranno in ogni modo pagare le fatture emesse dalle aziende per il servizio ottenuto.  In questo caso non sarebbe stato meglio alleggerire i Comuni dal “patto di stabilità”, nel campo degli gli investimenti strutturali e strategici, dato che si sta inesorabilmente trasformando in una misura eccessivamente repressiva?

Sono tante insomma le questioni irrisolte, troppi gli interrogativi e lo scontento non è da meno, anche perché con questo tributo le persone che comunque si applicano per effettuare una corretta differenziazione dei rifiuti si troveranno ora a pagare la stessa cifra di chi invece non lo fa, venendo così penalizzate nonostante il loro comportamento virtuoso. Per questo motivo è partita una raccolta firme per una petizione popolare "Chi inquina paga, chi produce meno rifiuti deve risparmiare", promossa da Legambiente nell'ambito della sua campagna “Italia rifiuti free”. Questa petizione, che può anche essere firmata on line (testo petizione), ha l’intento di rendere più equa questa tassazione e di premiare chi si applica correttamente nel ridurre la produzione di rifiuti non riciclabili.

La dichiarazione di Legambiente in un comunicato stampa del 3 luglio 2013: “Chi produce meno rifiuti dovrebbe essere premiato, mentre la Tares, la nuova tassa sui rifiuti rischia, al contrario, di aggravare ulteriormente il peso fiscale sugli italiani in maniera ingiusta. La petizione - indirizzata al presidente del consiglio dei ministri Enrico Letta e ai ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando e dell'economia e delle finanze Fabrizio Saccomanni - chiede al governo di rivedere questo tributo in maniera tale da rispettare il principio europeo "chi inquina paga", calcolandolo solo sulla effettiva produzione di rifiuti indifferenziati e consentendo così alle utenze più virtuose di pagare di meno”. […]
“Oggi è possibile affrontare in concreto la sfida della riduzione, come è riuscita a fare ad esempio la Germania, utilizzando una equa leva economica, introducendo un criterio di giustizia e sostenibilità ambientale e alleggerendo la pressione fiscale sui più virtuosi . Solo in questo modo si contribuirà davvero a liberare l'Italia dal problema rifiuti, facendo entrare il nostro Paese a pieno titolo in quella "società europea del riciclaggio" alla base nella nuova direttiva europea”.

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