Giulia Sgherzi il dualismo nella vita di una scrittrice di Bovisio Masciago

Intervista all’autrice bovisiana in bilico tra romanticismo e concretezza. All’attivo due romanzi d’amore ambientati alla fine del Settecento.

Alessia Piperi
22/07/2013
Arte
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Bovisiomasciagonews ha incontrato Giulia Sgherzi, classe 1990, una ragazza di 23 anni da compiere ad agosto e già autrice di due romanzi, “La dama di Eastbourn” libro d’esordio e il più recente “Nel nome di sua Maestà”, pubblicato nel 2012. Giulia è una ragazza pratica e con i piedi ben piantati per terra, un fisico minuto, un sorriso luminoso e tanta voglia di fare. Si dedica alla scrittura per dare sfogo alla sua natura romantica, alla visione fiabesca della vita che lei stessa ammette di dover, a volte, tenere sotto controllo. Per questo motivo non trascura gli studi di legge, è al quarto anno di giurisprudenza in Bicocca, perché “fare lo scrittore oggi è dura e bisogna sempre avere un’alternativa solida”. Quando apro la borsa ed estraggo il registratore si imbarazza, nasconde le guance tra le mani sottili “Oddio, io ho una voce terribile!”, la rassicuro dicendole che la mia è sicuramente peggiore e l’imbarazzo comincia a sciogliersi.

Quando è nata la passione per la scrittura?
“Da quando ero piccola, già a otto anni, però scrivevo un genere un po’ diverso. Mi cimentavo con i romanzi polizieschi - quindi c’era già in te una passione per la materia che stai studiando- Sì, poi però crescendo, si è sviluppato in me il romanticismo, mi sono avvicinata alla lettura del romanzo ottocentesco inglese e ho cambiato un po’ il modo di scrivere”.

Vorresti essere scrittrice a tempo pieno o pensi di intraprendere un’altra professione?
“Non lo so, sono combattuta, mi piacerebbe dedicarmi solo a quello, ma è dura come professione, non riesci mai a fare solo quello. Se potessi lo farei, ma devo per forza cercare qualcos’altro. La difficoltà numero uno è la pubblicità, devo fare tutto io, perché sono delle case editrici piccole. Sui siti, anche quelli della libreria universitaria, i miei romanzi sono presenti però non sono in vetrina nelle librerie, quindi è difficile far sapere a tutti che è uscito il mio libro. Fino ad ora ho fatto quattro presentazioni per il secondo romanzo e mi rendo conto che è meglio girare di libreria in libreria, sei più a contatto con le persone. La casa editrice ti fa uno sconto su un certo numero di copie, tu vai nelle librerie e le lasci magari in conto deposito, però bisogna avere il tempo di organizzare il tutto. Sabato scorso ho fatto una presentazione nella libreria Mondadori a Saronno, mi hanno aiutato dei miei amici. Invece di fare le solite presentazioni, io solitamente dico due o tre cose all’inizio, per introdurre e poi dei miei amici interpretano in costume alcune scene. È più originale e d’effetto. Però, poverini, me li devo trascinare ogni volta, gli dovrò fare un regalo. Senza tralasciare il mio moroso, Massimo che invece non ha via di scampo”.

Parlami dei libri che hai scritto, quanti anni avevi, se ci sono collegamenti con la tua vita.
“La dama di Eastbourne l’ho iniziato al liceo, sono andata in vacanza studio in Inghilterra, avevo diciassette anni da compiere e mi è venuta voglia di iniziare seriamente. Finito il liceo ho cercato di mandarlo in giro, ed è stato pubblicato nel 2010. È un romanzo storico ambientato nell’Ottocento, un romanzo d’amore giocato su uno scambio di identità, per cui di due fratelli non si sa mai chi è quello buono e quello cattivo. È basato sulle apparenze, sul fatto che spesso ci si lascia trascinare dai pregiudizi. Il finale però era un po’ più scontato, da commedia. La trama: durante un ballo in maschera, nell'oscurità della sera, avviene un incontro magico e romantico per la protagonista, la bellissima dama Madelaine Sebright. Nel suo cuore nasce l’amore e la passione irrefrenabile per un cavaliere misterioso, ma i due, entrambi con un futuro già pianificato, sono costretti a nascondere i loro sentimenti e a piegarsi al volere delle proprie famiglie. È un racconto romantico sulla potenza dell’amore contro ogni ostacolo.
In “Nel nome di sua maestà” ho voluto fare una cosa un po’ più schietta, più chiara, si capisce bene da subito la storia ed è invece il finale a ribaltare tutto il racconto. Sono molto più soddisfatta di questo, perché andando avanti si migliora sempre un po’. L’ho iniziato due anni fa ed è stato pubblicato nel 2012. Parla di una ragazza dell’alta società Catherine Saunders, sposa promessa di un matrimonio combinato che durante il racconto, ambientato nel tardo ‘700 tra Londra e la campagna inglese dove i ricchi e i nobili trascorrono le stagioni più calde dell’anno, viene travolta da una serie di eventi. 
Ci sono molti collegamenti con la vita ma riguardano le sensazioni, ho sempre cercato di non mettere mie esperienze personali. Ci sono stati periodi di particolare tristezza in cui mi riuscivano meglio le scene più malinconiche, e quelli più felici cui corrispondono le scene divertenti”.

Cosa ami del periodo storico in cui ambienti i tuoi romanzi?
“Mi piace tantissimo l’Inghilterra come storia e come Paese, l’atmosfera. E poi, leggendo romanzi come Orgoglio e Pregiudizio, mi ha affascinato e mi affascina tuttora il fatto che si dedicava tanto tempo e attenzione alla comunicazione. Interi pomeriggi trascorsi a parlare. Nei dialoghi di questi testi vedi la ricostruzione di un pensiero attraverso una normale conversazione e senza che il pensiero stesso venga esplicitato in modo diretto. Oggi non c’è più questa attenzione al dialogo, è tutto telegrafico e veloce”.

Cosa ti piace leggere, quali sono i tuoi autori o libri preferiti?
“Leggo un po’ di tutto. Shakespeare tantissimo, poi Jane Austen, Charlotte Bronte, però cerco anche di leggere qualcosa di contemporaneo per ritornare un po’ al presente e non lasciarmi troppo perdere nel passato”.

Vedo in te due lati molto diversi, quello pratico e quello estremamente romantico, quale dei due ti domina nella scrittura?
“Io scrivo d’amore, è questo che mi spinge, il romanticismo. Sento molto il sentimento della passione romantica, sono una di quelle persone che vedono la vita come una fiaba, cosa che non si dovrebbe fare, anche perché proprio studiando giurisprudenza ho visto con i miei occhi che la vita non è così. Mi piace vivere nel mio mondo ma mi accorgo che bisogna essere anche più realisti, quando affrontiamo certi argomenti molto forti a lezione mi è quanto mai chiaro che la vita è dura. Anche se resta sempre la speranza del romantico”.
Quindi è come se nella scrittura canalizzassi il tuo lato romantico, per il bisogno di esprimere un tratto che non lasci trasparire nella quotidianità e la scrittura soddisfa questo bisogno permettendoti di indossare delle “lenti rosa” con cui osservare il mondo.
"Sì è tutto vero, spesso mi freno. Poi ci sono stati anche dei momenti un po’ brutti e difficili. Da quando è venuto a mancare mio cugino ho cercato, non dico di evadere, ma di trovare il mio mondo perfetto.  È accaduto nel 2008, Mario aveva 32 anni e ha perso la vita per un incidente in moto –si vede il suo tentativo di frenare l’emozione, ma la voce trema e gli occhi si inumidiscono, nonostante tutto prosegue senza perdere un colpo-. Ero molto legata a lui, passavamo tantissimo tempo insieme, e da quel momento sono cambiata. Avevo diciotto anni ed ero in un momento di passaggio. Cambiare così dallo stare sempre insieme, passare le vacanze al mare insieme, sempre a casa sua, al non averlo improvvisamente più è stato sconvolgente, mi sono sentita anche molto sola. Quindi ho iniziato a scrivere molto di più, per allontanarmi da questa sensazione. So che c’è stato un altro evento che ti ha particolarmente toccata riguardante la pubblicazione dell’ultimo romanzo. Sì. Un amico, Sergio, mi ha aiutato molto, è stato il primo a leggere la bozza e gli piaceva tanto il fatto che scrivessi. Un giorno, aveva già iniziato la chemioterapia per un male che gli ha tolto la vita troppo presto, mi ha chiesto ‘Sono a casa senza fare niente, dammi qualcosa da leggere così ti do un mio parere, anche se potrebbe essere inutile’. Così gli ho dato la mia bozza, mi ha detto che gli era piaciuto molto, che sembravo migliorata, mi ha consigliato un po’ di cose, anche di mandarlo. Quando la casa editrice mi ha dato l’ok per la pubblicazione è stato il giorno prima della sua morte. Dovevo dirglielo, l’avrei fatto il giorno seguente ma non ha fatto in tempo. È stato davvero significativo per me”.

Progetti?
"Il nuovo libro, il terzo, è già a metà. Mi sono bloccata un po’ ultimamente, sono un paio di mesi che non scrivo perché ero sotto esami. È un po’ un hobby, però ultimamente sta diventando un lavoro perché mi impegna molto".

C’è qualcuno che ti ha spinto ad iniziare, la tua famiglia ti appoggia?
“Più di tutti il mio professore di lettere del liceo, Costante Fossati. Dal terzo anno ho iniziato a tormentarlo un po’ per fargli leggere i miei scritti. Me li restituiva corretti e mi ha incoraggiato a continuare nell’esercitarmi, a lavorarci sopra, come anche nel cercare degli editori. Ho seguito il suo consiglio e lui ne è stato contento. I miei genitori mi appoggiano tantissimo ma mi dicono comunque di andarci con i piedi di piombo, di studiare, che è la cosa fondamentale, poi se c’è anche il resto ok. Mio papà soprattutto è uno che si emoziona facilmente. Non leggono molto di quello che scrivo perché non hanno tempo, sono tutti medici, anche mio fratello - e tu invece avvocato?- Qualcuno dovrà pur difenderli!” ammicca.

Ride divertita, un po’ forse se l’aspettava questa domanda, perché Giulia ha un’intelligenza attiva ed è spiritosa. Quando ci salutiamo mi ringrazia, per l’intervista, ma soprattutto (sospetto) per aver spento il registratore.

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